Rottura tracheale post intubazione d’emergenza

La rottura della trachea può costituire una rara e temibile conseguenza di eventi traumatici, di tipo contusivo o penetrante, oppure essere di origine iatrogena. Attualmente, la causa più frequente è iatrogena, secondaria a manovre di intubazione o di tracheotomia, specie percutanea. La reale incidenza delle rotture tracheali post-intubazione rimane imprecisata. A fronte dell’elevato numero di intubazioni eseguite giornalmente in tutto il mondo prima di interventi chirurgici d’elezione, in letteratura sono riportate percentuali di incidenza di lesioni tracheali variabili dallo 0,005 allo 0,37%, le incidenze più elevate osservandosi dopo impiego dei tubi a doppio lume utilizzati in chirurgia polmonare. È però del tutto verosimile che un certo numero di casi resti misconosciuto essendo attribuito al barotrauma conseguente alla ventilazione meccanica a pressione positiva (c.d. effetto Macklin). Esiguo è pure il numero dei casi riportati dopo manovre di intubazione eseguite in condizioni di emergenza, sebbene sia stata osservata un’incidenza pari al 15% dei casi al riscontro autoptico di pazienti deceduti dopo intubazione a scopo rianimatorio. Anche l’esatto meccanismo eziopatogenetico alla base della lacerazione tracheale post-intubazione rimane spesso indefinito. A determinare la lesione tracheale potrebbero contribuire numerosi fattori, sia di tipo anatomico sia di tipo meccanico. Fra i primi sono da ricordare le anomalie congenite della trachea; le lesioni neoformate a sede cervico-mediastinica, in grado di determinare una dislocazione e/o compressione della trachea; una tracheomalacia o una debolezza strutturale della pars membranacea, più spesso osservabile in soggetti di sesso femminile ed età avanzata; le lesioni flogistiche croniche delle vie aeree, in primo luogo la broncopneumopatia cronica ostruttiva; una terapia corticosteroidea a lungo termine. I fattori meccanici potenzialmente in grado di contribuire all’eziopatogenesi di una rottura tracheale post-intubazione comprendono tentativi ripetuti di intubazione, intubazione d’emergenza, impiego di tubi di calibro inadeguato o a doppio lume, inesperienza del personale sanitario, impiego non corretto di un mandrino introduttore, iperdistensione della cuffia del tubo, correzione della posizione del tubo a cuffia non completamente sgonfia, accessi di tosse e movimenti bruschi del capo o del collo. Come già ipotizzato da Massard et al., nel caso giunto alla nostra osservazione (soggetto di sesso femminile di bassa statura) è possibile che il tubo tracheale sia stato inizialmente sospinto fino a impegnarsi nel bronco principale destro e siano stati necessari elevati volumi di gonfiamento della cuffia per eliminare le perdite aeree in corrispondenza della biforcazione tracheale. Quindi, con ogni verosimiglianza, l’ispezione e ascoltazione della paziente nonché l’osservazione della curva pressione/volume del ventilatore dimostrarono la ventilazione esclusiva del polmone destro, per cui il tubo tracheale venne ritirato di alcuni centimetri dopo aver sgonfiato in misura insufficiente la cuffia. La relativa iperdistensione della cuffia determinò la rottura longitudinale netta della pars membranacea della trachea toracica. Le manifestazioni cliniche della rottura tracheale post-intubazione, che tipicamente compaiono a breve distanza di tempo da questa e dall’inizio della ventilazione meccanica a pressione positiva, comprendono il pneumomediastino e l’enfisema sottocutaneo a livello cervico-toracico, la comparsa o la persistenza di condizioni di insufficienza o instabilità respiratoria e/o emodinamica, la presenza di perdite aeree dal circuito nonostante il corretto gonfiamento della cuffia del tubo tracheale, l’aspirazione di secrezioni striate di sangue o francamente ematiche, la comparsa di un pneumotorace. Le indagini radiografiche valgono a confermare il sospetto clinico di rottura tracheale post-intubazione. La radiologia convenzionale può mettere in evidenza la presenza di un enfisema in sede mediastinica e sottocutanea cervico-toracica, cui possono associarsi uno pneumotorace (raramente bilaterale) secondario alla rottura della pleura mediastinica e, soprattutto, la sovradistensione della cuffia del tubo tracheale (diametro trasversale superiore a 28 mm), la cui estremità appare deviata a destra, mentre la cuffia sovradistesa appare erniare al di fuori del lume tracheale. Di più raro riscontro sono pneumopericardio, pneumoperitoneo e retropneumoperitoneo. La tomografia computerizzata conferma i reperti della radiologia convenzionale e può fornire la dimostrazione diretta della soluzione di continuo della parete tracheale. Secondo quanto riportato da Chen et al., la tomografia computerizzata pone in evidenza un pneumomediastino associato a enfisema cervicale profondo nel 100% dei casi, una raccolta aerea paratracheale nel 93%, una sovradistensione della cuffia del tubo tracheale nel 71%, uno pneumotorace nel 36%, mentre identifica direttamente la lacerazione della parete tracheale nel 71% dei pazienti. Infine, l’indagine endoscopica conferma in maniera definitiva la presenza della rottura tracheale e ne precisa le caratteristiche morfologiche: tipologia, sede e estensione. La rottura della trachea è una lesione potenzialmente letale che richiede un sollecito e adeguato trattamento, in quanto espone il paziente al rischio dell’insufficienza respiratoria incontrollabile e, più raramente, della mediastinite e della sepsi. La riparazione chirurgica costituisce il trattamento tradizionalmente applicato in presenza di insufficienza o instabilità respiratoria ed emodinamica, concomitante lacerazione esofagea, grossolane perdite aeree da comunicazione diretta con il cavo pleurico e/o enfisema cervico-mediastinico ingravescente. Tuttavia, quando la lesione rappresenti il risultato di una intubazione tracheale eseguita in condizioni di emergenza su pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta, l’indicazione terapeutica deve tener conto non solo delle caratteristiche della lacerazione tracheale (morfologia, sede, estensione) e del quadro clinico che ne consegue ma anche della noxa causale dell’insufficienza respiratoria acuta iniziale e della frequente necessità di fornire un prolungato supporto respiratorio al paziente. Infatti, la riparazione della breccia tracheale, sia essa spontanea o chirurgica, può essere compromessa dal decubito della cuffia del tubo tracheale e dall’elevato regime pressorio presente nelle vie aeree durante la ventilazione meccanica. Pertanto, lesioni situate in sede prossimale rispetto a quella elettiva della cuffia del tubo tracheale vengono per lo più trattate in maniera conservativa: se il paziente richiede un supporto respiratorio, la ventilazione artificiale viene assicurata attraverso il tubo la cui cuffia non interferisce con il processo di riparazione della breccia tracheale, privilegiando regimi ventilatori con basso volume corrente, bassa pressione positiva di fine espirazione e concentrazione percentuale inspiratoria di ossigeno tale da assicurare adeguati scambi gassosi. La pressione di gonfiamento della cuffia del tubo tracheale deve essere appena sufficiente a impedire le perdite aeree. Viceversa, lesioni situate in corrispondenza o al di sotto della sede elettiva della cuffia del tubo tracheale vanno sottoposte a riparazione chirurgica, qualora ci si trovi in presenza di un rischio operatorio accettabile. Se il paziente versa in condizioni critiche, la soluzione terapeutica alternativa è rappresentata dall’intubazione selettiva bilaterale dei bronchi principali mediante tubi di piccolo calibro introdotti attraverso un orifizio tracheotomico di dimensioni adeguate. La mortalità conseguente a una rottura tracheale post-intubazione, condizionata principalmente dalle circostanze che richiesero l’intubazione stessa, si situa attorno al 15-20% dei casi, con variazioni che possono giungere fino al 71,4%: le percentuali più elevate si osservano nelle lesioni tracheali insorte dopo intubazione d’emergenza. In conclusione, la rottura tracheale costituisce una rara complicanza, potenzialmente letale, delle manovre di intubazione. Quadro clinico e indagini radiografiche consentono di formulare il sospetto o porre diagnosi di lesione della trachea. L’indagine endoscopica rimane indispensabile ai fini dell’indicazione terapeutica. Modalità terapeutiche e prognosi sono condizionate non solo dalle caratteristiche della lesione ma anche dalla patologia concomitante e dalle circostanze che richiesero l’intubazione del paziente.

Stefano Bellemo

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